giovedì 22 luglio 2010

Maurice de Vlaminck









Maurice de Vlaminck (Parigi, 4 aprile 1876 – Rueil-la-Gadelière, 10 ottobre 1958) è stato un pittore francese.

Vlaminck fu un fiero autodidatta: la sua arte vuole essere libera e immediata, senza interpretazioni filosofiche o letterarie; anche se in un primo tempo si ispirò all’impressionismo, in breve tempo se ne allontanò e guardò con interesse ai colori forti e puri di André Derain e Henri Matisse.
Nelle sue prime opere i colori sono accesi e gli elementi del paesaggio sono semplificati in linee contrastate, che danno un grande senso del ritmo e del movimento con poca grazia e molto dinamismo: le pennellate non comunicano armonia, ma forza ed energia.
Su consiglio di Henri Matisse, presentò al pubblico i suoi primi dipinti al Salon des Indépendants, poi nel 1905 partecipò al Salon d’Automne e i critici lo inserirono a pieno diritto nel gruppo dei fauves: per il suo stile decisamente aggressivo e per l’uso di colori puri, talvolta spremuti direttamente dal tubetto sulla tela, si affermò come l’esponente più radicale del gruppo.

L’unione dei fauves fu fragile e breve: dopo il 1907 il gruppo si sciolse e ogni artista intraprese un percorso autonomo.
Anche Vlaminck mostrò una pittura diversa da quella degli anni precedenti: dopo aver conosciuto l’opera di Paul Cézanne, la sua pittura si compone di paesaggi e di nature morte dai colori meno accesi e da un cromatismo drammaticamente espressivo.
I contorni sono meno marcati, le pennellate sono meno nervose, il disegno è semplificato, le linee curve si affiancano a quelle rette dando un maggior senso di profondità e d’armonia.
L’avvicinamento all’espressionismo.

Attorno al 1910 Vlaminck rimase colpito sia dal cubismo, che lo portò verso forme piene e più costruite, che dall’espressionismo.
L’avvicinamento all’espressionismo fu comune anche ad altri fauves: i punti di contatto tra i pittori fauves e gli espressionisti erano molti, la loro evoluzione fu quasi parallela con reciproche influenze, pur nella diversità di carattere e di sensibilità dei singoli artisti.
Entrambi questi movimenti superarono definitivamente l’impressionismo: mentre per gli impressionisti la visione della natura è sostanzialmente serena e priva di problematiche o angosce interiori, i colori forti e le tinte ora accese ora cupe dei fauves e degli espressionisti sono il segno evidente di uno stato d’animo perturbato alla ricerca di una propria identità.
Ci fu un cambiamento simile anche in letteratura, dove si passò dal naturalismo, vicino al positivismo, al decadentismo, legato all’esistenzialismo.

Dopo la prima guerra mondiale, Vlaminck lasciò Parigi e andò a vivere in campagna, a Rueil-la-Gadelière, dove rimase fino alla morte.
Nelle opere di questo periodo è rintracciabile il segno profondo che l’esperienza della guerra ha avuto sulla sua visione artistica.
I suoi paesaggi acquistano una nuova fisionomia grazie all’influenza sempre maggiore dell’espressionismo, la tavolozza si fa più cupa e le atmosfere più inquietanti e drammatiche.
Le opere di questo periodo sono caratterizzate da strade di paese silenziose e deserte, che si perdono verso l’orizzonte in una ritrovata profondità prospettica.
La natura diventa una presenza minacciosa e ostile, simbolo di una visione drammatica dell’esistenza; anche il cielo è dipinto con colori freddi ed è quasi sempre pieno di nuvole che preannunciano la pioggia.
Le pennellate, che nelle opere del periodo fauves erano brillanti e agili, sembrano trascinate a fatica sulla tela e danno l’idea di un forte pessimismo esistenziale.

Vlaminck morì il 10 ottobre 1958 a Rueil-la-Gadelière.



Giacomo Balla




Giacomo Balla nasce a Torino nel 1871; studia violino e comincia molto presto a disegnare e a dipingere. Intorno al 1891 frequenta per alcuni mesi l'Accademia Albertina. Al 1894 risale il primo dipinto conosciuto, un autoritratto. Nel 1895 si trasferisce a Roma con la madre, dopo una breve parentesi parigina.Nella capitale inizia a esporre regolarmente nell'ambito mostre degli "Amatori e Scultori".

E' maestro di Gino Severini e Umberto Boccioni e diviene figura guida nell'ambiente artistico romano. La sua pittura è inizialmente caratterizzata da una forte ispirazione sociale e da una tecnica divisionista.

Nel 1910, quando aderisce al futurismo sottoscrivendo il "Manifesto dei pittori futuristi", ha già una vasta notorietà. Nel 1913 mette all'asta tutte le sue opere figurative e annuncia: "Balla è morto. Qui si vendono le opere del fu Balla". Nel 1915 firma il manifesto della "Ricostruzione futurista dell'universo".

Si afferma come il capofila del futurismo romano influenzando dopo il '20 la seconda ondata del movimento. Negli anni '20 il suo lavoro è caratterizzato da una fantasiosa stilizzazione di motivi naturalistici, da un cromatismo intenso e violento, sfumato e iridescente.

Nel 1918 si ha una sua personale a Roma per inaugurare l'attività della Casa d'Arte Bragaglia. Nel 1928 espone agli "Amatori e Cultori" con una personale in cui emergono i segni di un rinnovato interesse per la figurazione.

Da questo momento si rivolge sempre più ai temi della vita quotidiana, al ritratto, al paesaggio, che furono quelli della sua formazione. Tempio di questa ricerca è la casa-studio di via Oslavia, dove lavora con le due figlie pittrici, Elica e Luce. Muore nel 1958 a Roma.